La Pedagogia Perversa

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pedagogia perversa

di Pierluigi Sassetti

Prefazione di Alessandro Guidi

 

Questo saggio è il risultato di un viaggio nell’insondato mondo della perversione pedagogica, ovvero di quella “normale” pratica educativa sorretta dal godimento mortifero ed in eccesso del “bravo e insospettabile” insegnante. Una sciatta pratica educativa che arriva a compromettere irrimediabilmente il percorso del discente e che non tiene conto del sapere “particolare” del soggetto da educare. Sono qui messi in evidenza gli effetti devastanti dell’eccesso del “materno” e del “paterno” nel mondo dell’insegnamento; al tempo stesso vengono esaminate le colpe dei figli a partire dall’analisi del fenomeno “patologico” dell’adolescenza come momento estensivo di assoluta decadenza. Attraverso l’analisi dell’opera poetica di Pasolini e del sapere psicoanalitico di Lacan, si perviene all’ipotesi di una pratica educativa che consideri il sapere (reale, simbolico ed immaginario) come punto indispensabile di partenza all’interno del dialogo pedagogico. Pasolini e Lacan, in questo senso, sono considerati non come classici ma come potenti strumenti utili a conferire al sapere l’originaria sintomaticità del vero.

INDICE

Alessandro Guidi
PREFAZIONE

Pierluigi Sassetti
LA PEDAGOGIA PERVERSA. TRA PASOLINI E LACAN

INTRODUZIONE
Pedagogia perversa
Un ricordo d’infanzia
La pedagogia eretica
L’adolescenza
Tre gironi didattici

1.SALÒ

La rimozione del sapere dell’Altro
Il sapere non serve: la post-pedagogia
L’uomo medio
Il godimento dell’Altro
La pedagogia del dovere per il dovere
Dal Maestro al Capitalista
L’assenza del desiderio
L’eccitazione pedagogica
La questione del narcisismo
L’imperativo del piacere attraverso l’oggettualizzazione e l’inibizione del corpo
La questione alimentare
Le madri di Salò
La madre insegnante
La stagnazione all’interno dell’Altro materno
Le vittime di Salò
La trasgressione omologante
Il silenzio
Il corpo
La parola
Il gioco
Amore
Gennariello
«Mostri»: ovvero i «destinati ad essere morti»

2. TEOREMA

Teorema
Da Salò a Teorema: la pedagogia crudele
L’Ospite: l’«autentico inarrestabile»
La produzione della parola e dell’Ascolto
Le risposte dell’adolescente: Odetta e Pietro
La risposta di un adulto

3. EDIPO TRA PASOLINI E LACAN

La pedagogia edipica
Edipo re
La forza dell’adolescente Edipo
La Metafora paterna
L’aggressività: la pedagogia da un altro ad un altro
La Sfinge
La pedagogia di Tiresia
La scuola di Edipo
L’incontro con Tiresia/Pasolini
La domanda dell’adolescente Edipo
Il ritorno al passato
La perdita
Conclusione «funerea»

INDICE DEI NOMI

PREFAZIONE

di Alessandro Guidi

Questo libro non ha come oggetto l’opera di Pasolini, né quella di Jacques Lacan; non è nemmeno un libro sulla pedagogia di Pasolini né sul pensiero di Lacan relativo alla pedagogia; neppure è un libro sul cinema di Pasolini letto attraverso la psicoanalisi lacaniana.
Questo libro è scritto da un Counselor all’Ascolto ad Orientamento Psicoanalitico che, laureatosi in pedagogia per vocazione materna, ha cominciato a frequentare il mondo della scuola per scoprire subito che ciò che pensava idealmente sulla pedagogia, ovvero che potesse essere applicata nel mondo in cui il sapere Universitario affermava e proponeva, non poteva essere effettuato, era impossibile attuarlo, c’era qualcosa di impossibile che non si compiva nell’atto educativo.
Questo libro è dunque, principalmente, u libro che tratta di una impossibilità a compiersi nel campo del sapere, nel campo della trasmissione del sapere, laddove un maestro o un professore, all’interno di un sistema, quello scolastico-educativo, vogliono per necessità o amore (non sono affatto la stessa cosa e non danno gli stessi risultati) far passare idee, concetti e valori a scolari o allievi.
La cosa preziosa è che un pedagogista, o meglio un laureato in pedagogia votato all’insegnamento, si sia messo a riflettere su questa impossibilità di trasmissione ed abbia voluto saperne di più a partire dal luogo da cui l’impossibile del rapporto tra il maestro e l’allievo ha origine, ovvero dall’inconscio del soggetto, ma non dall’inconscio di chiunque bensì dall’inconscio dello stesso Pierluigi Sassetti, dello stesso autore di questo libro in quanto insegnante.
Il reale pedagogico riguarda l’impossibile a trasmettersi che è presente nel sapere, ma soprattutto riguarda l’utilizzazione di questa impossibilità da parte dell’attuale sistema sociale ed educativo: ebbene, la fecondità ed il limite del reale presenti nell’atto educativo vengono dal sistema educativo stesso tradotti e trasformati nella possibilità costante di trasmettersi all’insegna di un “non esiste niente che non sia trasmettibile”, tutto si può trasmettere integralmente, niente si perde perché ciò che si perde durante la comunicazione si può recuperare e reintegrare e ciò che rimane fuori è inutile più che impossibile ad essere trasmesso. E come è possibile fare ciò? L’invenzione della pedagogia perversa, che funziona da ortopedia a qualunque perdita di sapere, viene nel libro di Sassetti mostrata attraverso il linguaggio estetico-cinematografico di Pasolini, viene estratta dalla sua opera resa evidente attraverso gli strumenti psicoanalitici di Lacan ma, cosa pedagogicamente rilevante, questi strumenti non sono il frutto di una ricerca teorica libresca ma il frutto dell’estensione prassica di un lavoro personale e formativo dentro il campo analitico, a partire da una crescete passione per Pasolini e per il mistero che il soggetto ha avvertito nello stesso momento in cui si è imbattuto in lui.
La conclusione del libro di Sassetti mostra la strada pedagogica indicata da Pasolini: «Quale via dunque?». Ma ricordo che ciò che esce, che la fine della cosa, è determinato dall’entrata e allora ciò che indica Pasolini, come via pedagogica per trasmettere ciò che del sapere non si può trasmettere, ma si sente e si avverte, è appunto tenere conto di ciò, di questo sentire: ebbene nel libro di Sassetti l’entrata è un ricordo d’infanzia, quando, in una “forca” camuffata, l’autore si imbatte nel mistero Pasolini attraverso un dettaglio carico di una valenza energetica fulminante: un soldato che corre solitario lungo una landa desolata e fumosa. Il libro di Sassetti è la spiegazione pedagogica di come un frammento misterioso per un bambino di otto-nove anni, di come un incontro causale, sia stato il nucleo intorno al quale è nato un progetto di ricerca tanti anni dopo, maturato nel quadro dell’unico luogo, quello analitico, dove un incontro d’amore può avere un significato pedagogico senza esserlo programmaticamente ma solo aprés –coup. Su tale motivo soggettivo il libro diventa anche una indicazione di come sia possibile difendere qualcosa di prezioso per il singolo soggetto come se fosse un’opera d’arte: una proposta politica di una scuola senza feticci, fondata su un cammino formativo ma anche su una strategia didattica all’interno della clinica scolastica, clinica che tiene di conto del disagio di ogni ragazzo-scolaro in quanto presupposto rigorosamente personale dal quale l’insegnante deve partire per un apprendimento che includa la preziosità del disagio medesimo, per una umanizzazione della tecnica e per un elogio dell’imperfezione come presupposto contro l’omologazione del soggetto.
La perversione come terza clinica, oltre alla nevrosi e alla psicosi, tratteggia nel libro il quadro pedagogico inerente alla relazione tra insegnante e scolaro, ma anche tra padre e figlio e tra padrone e servo: tutti sono complici e sono speculari all’interno di un discorso che li muove, ovvero di quel discorso che Lacan teorizzò nel 1972 e che si chiama Discorso del Capitalista. L’autore di questo libro ritrova un tale discorso nell’opera di Pasolini Salò o le 120 giornate di Sodoma. Un motivo supplementare importante è dato dal fatto che questo libro è riuscito a dare un senso, più di quanto non ne avesse, al film di Pasolini, che sembra fatto apposta per mostrare come il flusso sociale dei bisogni nella modernità sia costante e frenetico, sostenuto dall’Altro della Legge che recita il diktat “Godi”.
Credo che nessuna opera oggi sia, come quella di Sassetti, così rigorosamente dimostrativa delle sorti in cui sono inserite la scuola e la didattica attuali; al tempo stesso, però, essa mostra anche quale sia l’antidoto per sganciare il sociale dal pedagogico-scolastico inglobato in esso: riconsiderare l’Edipo come un progetto generale contro il cognitivismo e l’allargamento del campo analitico al laicismo operativo delle professioni di aiuto nelle quali è da considerare l’insegnamento all’interno del laboratorio scolastico.
Il rovesciamento cronologico dei tre film di Pasolini traccia, in questo libro, una proposta di ipotesi che sa di nuovo teorema: dall’Altro sociale (Salò) all’Altro familiare (Teorema), dall’Universale al particolare, al soggetto edipico (Edipo re) che interrogandosi si ritrova nell’Altro luogo simbolico da cui il sociale ed il familiare parlano oggi la stessa lingua, quella del godimento eccessivo senza perdita.
Ma chi è parlato oggi da questo godimento eccessivo? Il libro di Sassetti tratteggia fino in fondo questo soggetto parlato, abitato, costruito artificialmente dall’Altro, espropriato della sua identità pulsionale: questo soggetto è il pubere, il ragazzo, è il giovane Edipo diventato adolescente, puro conformista al linguaggio parlato dall’Altro. In questo passaggio c’è una vitalità pulsionale che Pasolini mantiene evidente in tutta la sua opera e che riguarda un sapere particolare per ogni soggetto costruitosi nel proprio passato ma aperto al nuovo, che viene spenta attraverso la costruzione di quell’area limbica che è l’adolescenza, un idolo ed un feticcio per la società capitalistica e per il suo discorso.
In fondo, il discorso perverso e la pedagogia che lo sostiene consistono proprio nel mantenere costante questa era limbica, terra di nessuno perché di un tutto indistinto fatto di linguaggio e azione.

Isbn: 88-8410-053-4

Pagine: 210

Prezzo: 20.90 €

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