Lacan, Spinoza e il desiderio

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di Alessandro Guidi

Quando si enuncia un discorso intorno a un argomento, è necessario dichiarare il posto dal quale si parla perché tale posto orienta lo svolgimento del discorso medesimo dandogli senso e soprattutto evitandogli di perdere la sua funzione. Dunque il posto dal quale parlo della filosofia di Spinoza e del desiderio è il posto dello psicoanalista e ciò comporta che anche Lacan, psicoanalista francese morto nel 1981, vada inquadrato in tale senso; dico questa cosa, che potrebbe sembrare banale, ma banale non è, perché troppo spesso in questi ultimi anni, a mio parere, Lacan è stato assimilato impropriamente al pensiero filosofico, un Maître a penser di un modo nuovo di fare filosofia, un modo nuovo di pensare la modernità, un filosofo per esempio epigono dello strutturalismo. Lacan invece è uno psicoanalista che ha usato la filosofia torcendola alle esigenze della psicoanalisi: questo è un atto etico perché dimostra che Lacan non cede sul suo desiderio di analista e di pensare come un analista, e contemporaneamente è un atto epistemologico perché implica una logica psicoanalitica coincidente con lo stesso atto etico che tiene conto del desiderio del soggetto. Insomma tutto ciò che viene detto da uno psicoanalista è sostenuto dalla sua pratica clinica, derivata dal disagio in cui il mistero della vita e dell’inconscio del soggetto si inscrivono.

Anche Spinoza va letto in questa operazione di torsione epistemologica del filosofico nell’analitico: infatti ogni filosofo è stato trattato da Lacan secondo questa operazione, tanto è vero che si può costruire un’ideale mappatura dei filosofi utilizzati da Lacan, mappatura che assicura al territorio analitico dei punti di riferimento concettuali corrispondenti alla particolarità del filosofo di volta in volta utilizzato.

Spinoza in questa mappatura rappresenta la brevità e l’intensità della fulminazione, cioè rappresenta la manifestazione improvvisa di un pensiero o di un atto, di uno strappo all’interno di un percorso che coincide con l’uso che Lacan fa dei filosofi in quei percorsi che si possono chiamare di allacciamento che hanno lo scopo di trasferire nel campo analitico qualcosa che appartiene al filosofico: in questo caso ciò che viene trasferito è la potenza di un atto dirompente come è il desiderio inteso come il cambiamento stesso. Inoltre Spinoza è interessante anche perché nella sua vita c’è qualcosa che lo accomuna alla vita di Lacan: la scomunica come effetto etico del desiderio del soggetto.

Pertanto il mio compito di psicoanalista è quello di rispettare il particolare punto di incontro tra Spinoza e Lacan. In sintesi possiamo formulare la seguente tesi su questo incontro, tesi che poi svilupperò: Lacan chiama come testimone Spinoza per sostenere un doppio evento che riguarda entrambi sia come soggetti affetti da un fulmine scagliato dall’Altro della Legge, sia come soggetti produttori di una fulminazione nel panorama del pensiero. Questa folgorazione corrisponde a un taglio, taglio epistemologico rispetto alla teoria clinica e taglio etico rispetto alla scomunica dalla propria comunità di appartenenza l’IPA per Lacan, e dalla sinagoga per Spinoza come filosofo eretico e ateo.

Si possono contare 5 citazioni nell’opera di Lacan che hanno, appunto, il valore della fulminazione:

 

Citazioni cronologiche di Spinoza negli scritti di Lacan: analisi e sviluppi.

La tesi sulla paranoia e la personalità del 1932

Da un punto di vista cronologico la prima citazione in cui Lacan scomoda Spinoza appoggiandosi a lui per rovesciare una situazione concettuale, la troviamo all’esordio del pensiero lacaniano nella sua tesi di laurea del 1932 dal titolo “Della psicosi paranoica nei suoi rapporti con la personalità”, una citazione messa in esergo cioè fuori opera. Sappiamo che l’esergo ha la funzione di sintetizzare mirabilmente l’intero testo in cui l’esergo compare, pertanto è in questo senso che l’esergo si può comparare a una fulminazione folgorante di chi lo usa.

Non solo un omaggio a Spinoza, non solo un semplice appoggio concettuale, ma qualcosa di più, ovvero una sorta di innamoramento giovanile verso un filosofo anti-accademico, solitario, avverso al clamore e alla pubblicità che si manteneva facendo il tornitore di lenti, ma soprattutto un ebreo ateo e laico.

La prima citazione di Spinoza in esergo è tradotta dallo stesso Lacan, ed è questa: “Una qualsiasi affezione di qualunque individuo, mostra, dall’affezione di un altro, una discordanza tanto maggiore quanto più l’essenza dell’uno differisce dall’essenza dell’altro” (Della psicosi paranoica, pag. 322)

Alla fine della tesi Lacan include nel testo l’esergo spinoziano e afferma che l’esergo di Spinoza può essere la degna conclusione della sua tesi. Quale è il senso di questo utilizzo lacaniano dell’esergo di Spinoza? Il senso è doppio e paradossale, anticipatorio delle caratteristiche di ciò che Lacan dirà del desiderio legandolo a Spinoza. Infatti un esergo messo come indice fuori testo e poi recuperato a conclusione del lavoro e tradotto dal latino citando l’autore, un’unica volta in tutto il libro, significa che quella citazione è la sostanza di tutta la tesi, è l’essenza stessa che riassume il concetto che Lacan ha sviluppato nella sua tesi dimostrando di concordare con l’esergo stesso.

Il contenuto della tesi condensato nell’esergo ha a che fare con il termine discordanza, discordanza tra ciò che è normale e ciò che patologico: ciò che discorda fra sé sono le diverse soggettive personalità che ognuno costruisce su strutture differenziate che producono affetti adeguati alle strutture medesime. Spinoza nella sua opera punta alla essenza della personalità laddove Lacan traduce essenza con struttura e ne fa il termine chiave per la sua clinica differenziale.

L’innamoramento di Lacan per Spinoza si misura dunque nei tre momenti logici che attivano l’inconscio nella sua dimensione temporale: 1) l’istante dello sguardo che corrisponde alla fulminazione ricevuta da Lacan per la frase di Spinoza messa in esergo 2) il momento di comprendere che corrisponde all’elaborazione della tesi costruita da Lacan e infine 3) il momento di concludere che corrisponde alla traduzione che Lacan fa della frase di Spinoza, traduzione che vuole essere un omaggio esplicito al personaggio trasgressivo e di grande spessore come è Spinoza.

Ma non ci sarebbe innamoramento anticipatorio da parte di Lacan per uno Spinoza così moderno nel trattare la malattia mentale e il disagio dell’uomo, se il filosofo ebreo non fosse annunciatore di una sua etica vicina a quella di Lacan, etica fondata piuttosto sul desiderio del soggetto che sul cogito cartesiano. Il soggetto è schiavo delle passioni, che lo attraversano e lo accompagnano nelle esperienze della vita, ma il soggetto è anche colui che riesce a liberarsi dalla schiavitù delle passioni con la ricerca della ragione. A questo proposito Spinoza si esprime così in un brano nella Prefazione al Tractatus:

Dopo che l’esperienza mi insegnò che tutto quello che si incontra comunemente nella vita è vano e futile, vedendo, che tutto ciò che temevo non aveva in sé nulla né di bene né di male se non in quanto il mio animo se ne commovesse, stabilii finalmente di ricercare se ci fosse un vero bene che si comunicasse a chi l’ama e ne occupasse da solo l’animo respingendo tutte le altre cose: se ci fosse qualcosa trovata e ottenuta la quale, io potessi in eterno godere continua e somma letizia”.

In questo brano l’esperienza soggettiva e personale si fa garante di una comunicazione vera fondata sull’amore caratterizzato da una spinta a cercare un vero bene senza però la certezza di poterlo effettivamente trovare, ma comunque ciò che conta per Spinoza è la ricerca incessante che si chiama desiderio la cui struttura è fondata sul fatto che il suo oggetto manca per definizione. Per il soggetto umano la via maestra della vita passa dal desiderio che non è passibile di essere immaginato perché un desiderio immaginato diviene altro da sé, cioè si fa godimento. Per inciso ricordo che il godimento per la psicoanalisi non coincide mai con il piacere, anzi si oppone al piacere stesso: il godimento non è mai corrispondente all’equilibrio aristotelico del piacere perché implica sempre la ricerca di un eccesso che va ben al di là di una soddisfazione naturale. Ecco perché si può dire che la psicoanalisi non è semplicemente un’esperienza di parola come sono le tante psicoterapie attuali. La psicoanalisi è prima di tutto incontro con il reale del godimento umano, ovvero con il peggio di ognuno di noi. L’interpretazione psicoanalitica di godimento che concerne il desiderio ma non lo rappresenta è chiarito dalla sua possibile etimologia (il joi medievale che nei poemi cortesi indica il soddisfacimento sessuale raggiunto che prevede dopo la scarica un nuovo appetito senza mai vera soddisfazione). In questo senso è utile il riferimento giuridico per cui il godimento di un bene si distingue dalla sua proprietà. L’immaginario, dunque, legato al godimento, è una forza che guasta la mente dell’uomo ed è solo la concretezza che passa dal vuoto dell’oggetto da costruire a costituire una via sicura che Lacan chiama, dandone una sua versione particolare, sublimazione.

Grazie all’incontro fulminante con il testo di Spinoza, il giovane Lacan dunque avvia la sua tensione verso la psicoanalisi, diciamo che Spinoza per il momento è per il giovane Lacan l’equivalente di Freud, tanto che il filosofo gli consente di giungere alla definizione di soggetto attraverso il concetto di personalità concetto opposto a quello di costituzione: da un lato si considerano lo sviluppo, le esperienze e le tendenze personali, dall’altro si considera l’organismo che nel caso delle psicosi, come è indicato nella tesi, sarebbe un organismo fragile e debole. Il giovane psichiatra Lacan ipotizza nella sua tesi, come la causa del male e del malessere, e più specificamente della patologia psicotica del soggetto umano, sia dovuta non tanto a cause organiche ma a cause dovute a una esperienza permanente patologica che si chiama delirio nel quale l’oggetto della passione è sempre costantemente presente anche quando non c’è fisicamente. Il delirio, dunque, è opposto al desiderio in quanto quest’ultimo si fonda invece su qualcosa che manca.

Allora per concludere l’analisi sulla prima citazione che riguarda Spinoza, si può dire che il giovane Lacan del 32, sicuramente aveva presente “l’Etica di Spinoza” come dimostra l’esergo alla sua tesi di laurea, e come possiamo leggere nella parte quarta dell’Etica di Spinoza Proposizione XLIV, scolio: ci dice Spinoza “Vediamo infatti che gli uomini, talvolta, sono affetti da un solo oggetto in modo tale che, sebbene non sia presente, credono tuttavia di averlo davanti, il che quando capita, a un uomo che non dorme, diciamo che questo delira, o che è folle; né si crede che siano meno privi di senno coloro i quali ardono d’Amore e sognano notte e giorno soltanto la loro amante e meretrice, poiché suscitano il riso. Ma quando l’avaro non pensa ad altro che al lucro o al denaro e l’ambizioso alla gloria ecc. non si crede che delirino, poiché sono di solito molesti e sono stimati degni di Odio. Ma in effetti, l’Avarizia, l’Ambizione, La libidine ecc sono una specie di delirio, sebbene non siano annoverati tra le malattie.”

 Ora analizzerò altre due citazioni di Lacan tratte da:

 

Discorso sulla causalità psichica” del 1946. (pag. 148-151, Scritti):

1° citazione: “Quanto all’uso critico che ora ne farò, manterrò vicino a Descartes ponendo la nozione del vero nella celebre forma datale da Spinoza: un’idea vera deve essere in accordo con ciò che è ideato da essa.”

2° citazione: “Forse è meglio che Henry Ey non fondi nulla su un simile alleato, e (…) non identifichi l’intuizione cartesiana fondamentale a un parallelismo psicofisiologico più degno di Taine che di Spinoza.”

Sulla via che porterà Lacan a ripensare la psicoanalisi dagli anni ‘50 a partire dal senso che Freud le aveva attribuito, troviamo nel primo periodo della opere e della vita di Lacan un contributo che sviluppa ulteriormente il pensiero della sua tesi di laurea che ha nella critica alla teoria organicistica della follia in generale e della psicosi in particolare il suo punto focale. Nel 1946 Lacan alle giornate psichiatriche di Bonneval presenta una relazione dal titolo “Discorso sulla causalità psichica” e cita due volte Spinoza per appoggiarsi di nuovo al filosofo e alla sua Etica e lo fa per criticare lo psichiatra collega Henry Ey assertore della teoria dell’organo-dinamismo e del riduzionismo dello psicologico al fisiologico. Ey si appoggia, dice Lacan, erroneamente a Cartesio invocando il dualismo tra il pensiero e il corpo del filosofo francese. Dualismo che non ha niente a che vedere con l’organico opposto allo psichico ma con l’opposizione che in Cartesio riguarda la res-estensa, ovvero l’estensione della materia, opposta alla res-cogitans. L’errore di Ey su Cartesio consiste nell’essersi appoggiato al naturalismo organicistico di Hyppolite Taine che è il maggior teorico del naturalismo del 1800.

Lacan con la sua solita abilità oratoria tira in ballo Spinoza durante la conferenza e sembra che il suo richiamo a Spinoza costituisca qualcosa di poco conto rispetto alla questione principale in gioco. In realtà con queste due citazioni Lacan riafferma contro la teoria degenerativo evoluzionista in medicina, la sua teoria psichiatrica di tipo creazionistico-strutturale fondata sulla esperienza che ogni singolo soggetto matura nella sua vita: infatti la struttura di un soggetto è determinata dagli atti e dai comportamenti che ognuno compie nella sua vita ed è fondamentale la continuità etica tra ciò che ognuno dice e poi fa, come ci ricorda Spinoza nella Prefazione al Tractatus a proposito della sua eresia laica teorizzata a partire dalla sua esperienza di vita. La questione della esperienza così come Spinoza la pone, porterà Lacan a fondare sul linguaggio la struttura inconscia dell’uomo, in quanto l’esperienza umana è attraversata dal linguaggio e dai suoi giochi costruiti tra la verità e la menzogna. Al concetto di natura geometrica di Spinoza, Lacan affiancherà la complessità del linguaggio fino a ricoprire di reti significanti tale concetto rendendolo enigmatico in quanto è al di là del senso comune e quindi di non facile comprensione: questo al di là è il senso che Freud ha scoperto fondando la psicoanalisi e Lacan fonda l’inconscio sul linguaggio semplicemente perché la pratica psicoanalitica parte dalla parola del paziente e dall’ascolto dell’analista. Nuovamente Lacan fa riferimento all’Etica di Spinoza anche se non è citata esplicitamente, infatti l’Etica, presente in Lacan lo porterà alla formulazione del desiderio inteso come essenza del soggetto e al passaggio definitivo dalla psichiatria alla psicoanalisi.

La tensione progressiva di Lacan verso la psicoanalisi avrà dunque come punto di appoggio Spinoza a partire dalla relazione al Convegno del ‘46 e le due citazioni su Spinoza contengono in modo non chiaro ciò che nel filosofo si pone come fondamentale per il suo sistema etico ovvero la questione della causa sia materiale (il corpo come contenitore di affetti e di appetiti) che immanente (l’insieme degli affetti e appetiti contenuti nel corpo): infatti ciò che muove il sistema etico umano è una causa psichica cioè affettiva che passa attraverso la materialità del corpo, non considerato come un organismo ma come il luogo delle affezioni passionali determinate dalla Mente Naturale cioè di Dio, in quanto Deus sive Natura cioè Dio, ovvero Natura. Dio è i suoi effetti piuttosto che produrli. Vale a dire che l’insieme delle cause psichiche sono contenute nel corpo e al tempo stesso queste cause sono l’insieme degli effetti e in ciò consiste Dio (ciò che sarà l’Altro lacaniano).

 

Dal Sem. n° 1 Gli scritti tecnici di Freud 1953-54:

La perversione è un’esperienza che permette d’approfondire quella che nel senso pieno della parola si può chiamare la passione umana, per usare un termine spinoziano, cioè quel punto in cui l’uomo è aperto a quella divisione con se stesso che struttura l’immaginario ossia tra O e O’, la relazione speculare.” (Sem. n°1, pag. 273)

Lacan con questo Seminario del 1953-1954 inaugura, in senso cronologico, il secondo periodo della sua teoria psicoanalitica e questo secondo periodo coincide con l’analisi di tutti i testi di Freud fino al 1964. Lacan entra decisamente in pieno nel campo analitico e l’inconscio viene ad assumere il ruolo centrale della sua riflessione.

L’inconscio è strutturato come un linguaggio, è ordinato e inscritto nel registro simbolico formato da una rete di significanti che rappresentano il soggetto.

Ma l’uomo, come sappiamo da Spinoza, è anche passione che non rappresenta una dimensione parallela al linguaggio dei significanti che strutturano l’inconscio ma è una alterità costruita sull’immaginario, cioè sulla relazione speculare con l’altro: secondo Lacan la perversione si manifesta quando una passione, fondata sulla relazione speculare con l’altro, espone il desiderio del soggetto alla berlina del desiderio dell’altro.

Questa citazione, in cui Spinoza di nuovo viene chiamato in causa per appoggio, permette a Lacan di approfondire il concetto di passione a partire proprio dal filosofo perché per Spinoza la passione umana è inscritta, sia nel registro immaginario, dove il soggetto umano è preso dall’appetito per l’oggetto desiderato che diviene così causa estrinseca dell’appetizione, come ci ricorda Spinoza, sia nel registro simbolico dove la passione è passione inconscia per l’ignoranza della verità che è la causa immanente dell’interesse verso l’altro. La perversione del soggetto nell’elaborazione di Lacan condurrà a ciò che ogni analista potrà constatare nella sua pratica ovvero la fragilità dell’essere umano quando è in balia della passione amorosa tanto che si può parlare di una vera propria clinica dell’amore: la clinica dell’amore, inteso come passione e come follia, riguarda sia il delirio nelle sue declinazioni che la perversione intesa come oscillazione permanente tra vari comportamenti eccessivi come l’eroismo, la buffoneria ridicola ma anche l’eccessiva vergogna o il narcisismo e infine l’eccessivo bisogno di prestigio personale. In tutte queste manifestazioni perverse c’è una esposizione così intensa al desiderio dell’altro da produrre, come Lacan ci indica tenendo conto della lezione etica di Spinoza, un rovesciamento della passione amorosa che diventa Odio. In questo caso succede che l’altro come oggetto d’amore in quanto appetito può essere visto e sentito come un nemico in quanto l’altro prima amato è visto come colui che desidera il mio male e quindi è da distruggere. Tale rovesciamento dall’Amore all’Odio implica una terza passione presente nell’Essere dell’uomo, cioè l’Ignoranza che indica come lo stesso rovesciamento dall’Amore all’Odio sia all’insegna del non sapere e Lacan dirà in un seminario dell’ultimo periodo che l’inconscio parla, gode e non sa niente.

Restando sul Sem. n°1 le tre passioni spinoziane vengono annodate ai tre registri I.S.R. presenti nell’uomo, il che vuol dire che l’essere non è per Lacan un termine della metafisica ma semmai della fisica che presenta un buco nel reale attraversato dal linguaggio ovvero è inserita in una dimensione esistente che si rivela attraverso la parola e si presenta però anche come una figura geometrica simile ad un diedro a sei facce. La geometria spinoziana applicata alle passioni e agli affetti della natura si traduce in questa geometria che Lacan lega direttamente, attraverso i tre registri I.S.R. all’esperienza psicoanalitica così come lo stesso Spinoza riconduce la sua Etica delle passioni alla esperienza della vita dell’uomo a partire proprio dalla sua vita.

 

Dal Sem. XI (pag. 270-271):

Quello che, a torto, si è creduto di poter qualificare in lui come panteismo non è nient’altro che la riduzione del campo di Dio all’universalità del significante, da cui si produce un distacco sereno ed eccezionale nei confronti del desiderio umano.

Nella misura in cui Spinoza dice – il desiderio è l’essenza dell’uomo -, e in cui, questo desiderio, lo istituisce nella dipendenza radicale dall’universalità degli attributi divini, che non è pensabile se non attraverso la funzione del significante, in questa misura egli ottiene quella posizione unica attraverso cui il filosofo, e non indifferente che sia un ebreo staccato dalla sua tradizione ad a verla incarnata – può confondersi con un amore trascendentale.”

E infine siamo giunti a questa quinta citazione su Spinoza presente nel Sem. n° XI “I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi.”

In questo seminario Lacan ritorna a Spinoza dopo 11 anni e questo ritorno gli permetterà di trovare di nuovo un punto di appoggio ancora una volta fulminante per dare una svolta alla sua teoria psicoanalitica e separarsi dal periodo di analisi del testo freudiano; il Seminario XI presenta delle profonde analogie con Spinoza, è il seminario del doppio taglio, sia epistemologico che politico: infatti da un punto di vista epistemologico Lacan a partire da Spinoza costruisce il mathema del desiderio inteso come causa immanente rimossa cioè, ignorata dal soggetto umano, il quale è consapevole solo degli affetti (appetito e cupiditas) fenomenici che tendono a soddisfarsi attraverso l’oggetto appetito. Afferma infatti Spinoza nel Trattato teologico-politico:” gli uomini ritengono di essere liberi poiché sono consapevoli delle proprie volizioni e dei propri appetiti, mentre non pensano neppure lontanamente alle cause dalle quali sono disposti ad appetire e a volere poiché di queste cause sono ignari.” Il desiderio rimosso e ignorato dal soggetto è caratterizzato per Spinoza dalla Tristezza in quanto nel soggetto prevale la negazione cioè l’assenza dell’oggetto ricordato in questa dimensione temporale segnata dal ricordo e dal passato. Ricorrendo a Spinoza Lacan si appoggia su questo taglio epistemologico a proposito del rapporto tra struttura /desiderio e fenomeno/affetto e vi si appoggia per dare un contributo personale alla psicoanalisi freudiana, infatti teorizza ciò che Lui chiama l’oggetto piccolo a .Inaugura così il periodo dove al centro della sua indagine non c’è più il simbolico e il suo ordine metaforico oppure l’immaginario come abbiamo visto a proposito della dialettica speculare tra il desiderio dell’uomo e il desiderio dell’altro, ma ora al centro dell’attenzione di Lacan c’è il godimento e il registro del reale. L’oggetto piccolo a infatti è il resto reale derivante del godimento assoluto pre-edipico impossibile a sperimentare e a dirsi che Freud chiamava Das ding, la Cosa che è l’oggetto perduto per sempre . Questo oggetto reale è il risultato della divisione soggettiva, cioè del taglio prodotto dalla metafora paterna, dall’intervento simbolico della Legge attuata dalla funzione del padre, la famosa castrazione. Dalla castrazione deriva per l’appunto il desiderio, che è l’essenza dell’uomo in quanto soggetto parlante. Lacan, dopo la castrazione, accentua e sviluppa nell’inconscio l’importanza dell’oggetto piccolo a, perché è quell’unico elemento reale, è quel poco di reale che si sottomette alla presa del linguaggio e alla consapevolezza del senso. L’analizzante all’interno di quel meccanismo analitico chiamato transfert, fa esperienza sia del desiderio e dell’oggetto a come sua causa, sia della cosa, cioè dell’oggetto perduto, e inoltre nel transfert viene accolta e sperimentata la riproposizione metonimica dell’oggetto del desiderio insieme alla ripetizione connessa sempre all’oggetto perduto. Va precisato però, come ci dice Lacan, che l’oggetto perduto, illustrato nella teoria psicoanalitica come l’oggetto primordiale ovvero la madre, la cosa che è per sempre perduta, ebbene questa cosa perduta è più importante della sua ripetizione.

Questa affermazione prettamente clinica è importante nella teoria lacaniana, naturalmente sulle orme di Freud anche se lo Spinoza di Lacan ha che fare con Freud più di quanto lo stesso Freud potesse immaginare affascinato come Freud era dallo Spinoza neoromantico e panteista. Spinoza introduce nell’uomo il desiderio come motore e causa immanente strutturale e insieme parte della essenza umana, ma anche causa ignorata dal soggetto; il desiderio va inteso come quella funzione negativa, in quanto è legato a qualcosa che non c’è più, infatti il desiderio designa il legame tra il soggetto e l’oggetto perduto per sempre per l’intervento della Metafora paterna che produce castrazione. Questo taglio ha per effetto la mancanza che è la causa del desiderio che spinge il soggetto alla ricerca dell’oggetto perduto, mentre l’oggetto a è il sembiante che fa da schermo al vuoto lasciato dall’oggetto perduto. Lacan accentua ovviamente il concetto di soggetto dell’inconscio rispetto a quello filosofico di uomo e accentua il concetto di ripetizione come riproposizione che copre qualcosa di perduto. Anche sul versante della mancanza Lacan porta all’estremo la negatività Spinoziana del desiderio volto verso il recupero di un oggetto perduto, ma Lacan ne mette anche in luce il carattere paradossalmente positivo in quanto il desiderio, essenza del soggetto dell’inconscio, si barcamena tra la causa che lo spinge a cercare di creare e l’oggetto momentaneamente trovato e semplicemente sostituivo dell’oggetto perduto che va depositato in questo spazio. In questo spazio, che si chiama inconscio-neonato, il soggetto scrive la propria soddisfazione transitoria insieme alla consapevolezza progressiva della impossibilità di una piena soddisfazione.

Dunque per Lacan il riferimento al filosofo ebreo Spinoza è cruciale in quanto Lacan trova in lui un appoggio consistente per la sua teorizzazione del desiderio visto come quella dimensione infinita non più considerata in relazione al desiderio dell’altro, ma come vera e propria struttura immanente alla natura umana che dunque finalmente si può descrivere per quello che è.

L’essenza infinita del desiderio sganciata dalla relazione con l’altro, si relaziona con un reale dunque non superabile dialetticamente, cioè l’immanenza strutturale del desiderio infinito coincide, come abbiamo già visto, con il Deus sive Natura di Spinoza.

Ora questa prospettiva Spinoziana viene abbracciata e chiarita ulteriormente da Lacan proprio a partire dalla sua teorizzazione del godimento che è il rovescio del desiderio. Se con Freud e Spinoza l’essenza dell’uomo è il desiderio, per Lacan invece è importante interrogare anche l’aspetto oscuro dell’uomo che è il godimento in quanto rischio permanente della perversione. E la pratica clinica del sintomo che ce lo dice nonché la storia dell’uomo; non a caso Lacan, afferma che la grande passione dell’uomo è amare ciò che nuoce alla propria salute e alla propria vita.

Infatti Lacan fa riferimento sia al crudele Dio oscuro dell’olocausto mettendo insieme Kant con Sade, sia all’Amore intellettuale di Spinoza, intesi entrambi come eventi immanenti e inconsci alla storia e al singolo soggetto. Lacan riconosce a Spinoza il merito di aver laicizzato la divinità prima di Freud quando Lacan dice che il Dio presente nella natura non va inteso all’insegna di un panteismo, bensì come una introduzione ed estensione del significante nella natura e il significante che riguarda Dio, è il Nome del Padre mediante il quale il desiderio del soggetto si accorda con La legge. Questo accordo è messo in pericolo dall’aspetto diabolico del godimento che spinge il soggetto umano alla perversione e al male e dunque lo tiene separato dalla propria salvezza e salute.

Infine nel Lacan del 1964, è necessario considerare il taglio epistemologico affiancato al taglio etico che corrisponde al taglio imposto sia a Spinoza che a Lacan dalla scomunica imposta uno dalla comunità ebraica e l’altro dalla comunità psicoanalitica francese. Lacan per la sua scomunica del 64 pensa ancora una volta a Spinoza. Le idee delle rispettive comunità non potevano tollerare e riassorbire, nemmeno come minoranza, le idee sia di Spinoza che di Lacan, perché sia le une che le altre erano scomode e in netta antitesi con i dogmi dominanti: per esempio insopportabile erano nel caso di Spinoza la negazione della immortalità dell’anima e la proclamazione della equazione Deus, sive natura, mentre nel caso di Lacan non erano tollerabile le accuse di quest’ultimo al freudismo imperante che aveva perso il senso della psicoanalisi fondata da Freud.

Ma al di là di queste imputazioni, a Lacan interessava soprattutto la questione etica cioè interessava poter essere chiaro e poter interrogare il posto dell’analista a partire dal proprio desiderio di analista, come ho sottolineato all’inizio di questa relazione per quanto riguarda il posto da cui io parlo: “Il posto da cui riaffronto oggi il problema, infatti è cambiato. È un posto che non è più del tutto dentro, ma non si sa se sia al di fuori.” (Lacan Sem n° XI, pag. 5 ). Spinoza si interrogò sulla questione divina, mentre Lacan nel 64, si pose la domanda cruciale e paradigmatica che ogni psicoanalista nel suo tempo si deve porre: la domanda è “che cosa è la psicoanalisi”, alla luce del taglio etico e di quello epistemologico, entrambi fondamentali a sostenere il desiderio, di Spinoza, di Lacan e il mio.

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Alessia Fiorentini